Legittimità del blocco degli sfratti: la recente pronuncia della Corte Costituzionale
Come noto la crisi sanitaria per la pandemia da COVID -19 ha spinto il legislatore, mediante l’adozione di una serie di misure speciali, a regolamentare lo svolgimento dell’attività giudiziaria in modo tale che si evitassero assembramenti all’interno degli uffici giudiziari. Ma non solo. Infatti, con particolare riferimento all’iniziale blocco dell’esecuzione di tutti i provvedimenti di rilascio degli immobili, il legislatore, oltre a voler evitare situazioni di contatto tra le persone, ha cercato di evitare l’aggravarsi di quella situazione di difficoltà economica generata dalla chiusura di numerose attività commerciali.
A questo riguardo, riveste particolare importanza, la recente sentenza emessa dalla Corte Costituzionale (la n. 213 del 2021 depositata in cancelleria l’11 novembre 2021) avente ad oggetto le questioni di legittimità costituzionali sollevate dal Tribunale di Trieste e di Savona, in funzione di giudice dell’esecuzione, dell’art. 103, comma 6, del Decreto Legge n. 18 del 2020, che ha previsto la sospensione fino al 1° settembre 2020 dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, e di tutte quelle norme successive che ne hanno esteso la durata. La Corte ha, infatti, ritenuto inammissibili le predette questioni di legittimità rilevando, tra le varie argomentazioni, come il legislatore, nell’estendere la durata della misura in questione, abbia, contemporaneamente, introdotto “adeguati criteri selettivi” (che ne hanno ridotto proporzionalmente l’ambito di applicazione) funzionali “allo scopo di evitare la pressione sulle strutture degli uffici giudiziari per effetto della contestuale esecuzione dei provvedimenti arretrati”.
Questi criteri selettivi, invece, sono mancati nella parallela previsione della proroga della sospensione delle esecuzioni aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore. Infatti, in questo caso, la Corte Costituzionale (con sentenza n. 128 del 9 giugno 2021) ha rilevato come la seconda proroga (dal 1 gennaio al 30 giugno 2021), fosse da ritenere irragionevole e sproporzionata trattandosi di una mera estensione temporale senza che il contenuto della previsione normativa principale venisse in qualche modo limitato.
In conclusione, alla luce di questa recente pronuncia della Corte Costituzionale, si rileva che possono essere avviate le esecuzioni in forza di provvedimenti di rilascio per morosità che siano stati adottati sino al 30 settembre 2020. Viceversa, rimane la sospensione, sino al 31 dicembre 2021, dell’esecuzione in virtù di provvedimenti di rilascio per morosità ottenuti dopo il 30 settembre 2020.
Avv. Emanuele Merli, membro della Commissione di Diritto e Procedura Civile di AGAM.