Impugnazione a seguito di estratto di ruolo: nelle more della novella legislativa, la Cassazione conferma il proprio orientamento
Con Ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione n. 4526 dello scorso 11 febbraio 2022 è stata proposta l’assegnazione alle Sezioni Unite della questione relativa alla efficacia temporale della modifica normativa intervenuta in materia di impugnabilità dell’estratto di ruolo in vigore dal 21 dicembre 2021. Nelle more della introduzione della nuova norma, con sentenza n. 6837 del 2 marzo 2022 la Cassazione, nel confermare il proprio orientamento in materia, lascia intendere non solo la propria posizione in merito alla efficacia temporale della novella, ma anche una netta distanza rispetto al nuovo assetto di tutela previsto dal legislatore.
L’art. 3-bis del D.L. n. 146/2021 ha aggiunto il comma 4-bis all’art. 12 del d.p.r. n. 602/1973, prevedendo, oltre alla generale non impugnabilità dell’estratto di ruolo, la diretta impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento invalidamente notificati e di cui si sia venuti a conoscenza tramite l’estratto di ruolo solo al ricorrere di tre condizioni in cui le esigenze di giustizia non sarebbero differibili. Trattasi dei casi in cui il contribuente intrattiene dei rapporti qualificati con la Pubblica Amministrazione, per la partecipazione a procedure di pubblici appalti, per effetto della titolarità di crediti o della spettanza di benefici.
La novella risulta di non poco impatto data la aperta negazione del principio della tutela anticipata e indifferibile fissato dalle Sezioni Unite nel 2015, con sentenza n. 19704, e da allora acquisito nell’ordinamento. In quella sede, procedendo ad una lettura costituzionalmente orientata dall’art. 19, co. 3 del d.lgs. n. 546/92, si era ritenuto che la prevista impugnabilità dell’atto non notificato unitamente a quello successivo notificato non potesse precludere la possibilità di far valere, anche precedentemente, l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente fosse comunque venuto a conoscenza. L’esercizio pieno del diritto alla tutela giurisdizionale, si era detto, non potrebbe che comportare la incondizionata impugnabilità anche della cartella di pagamento della quale si sia venuti a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo.
A fronte della assenza di una disciplina transitoria con riferimento ai giudizi pendenti, si sono delineate diverse prospettazioni sintetizzate nella ordinanza interlocutoria. Secondo l’impostazione sposata dall’Amministrazione Finanziaria, oltre che da alcuni giudici di merito (Sent. CTP Catania n. 357/2022 e CTP Latina n. 53/2022), la nuova disposizione di carattere processuale opererebbe anche per le cause pendenti con riferimento alla sussistenza dell’interesse ad agire, comportando l’inammissibilità sopravvenuta dei ricorsi proposti al di fuori delle ipotesi tassative di cui al nuovo comma 4-bis. Diversa ricostruzione riconoscerebbe nella disposizione una norma di interpretazione autentica, pertanto suscettibile di immediata applicazione anche ai processi in corso. Infine, la teoria secondo cui la nuova disciplina sulla impugnabilità condizionata delle cartelle non validamente notificate si applicherebbe alle impugnazioni proposte a decorrere dalla data di entrata in vigore della novella legislativa, in ossequio al principio generale di irretroattività della legge.
Oltre ai profili di efficacia temporale della norma, l’ordinanza di rimessione si rivela interessante anche nella parte in cui rappresenta taluni profili di attrito con il diritto di difesa del contribuente e la ingiustificabile diversità di trattamento accordata dalla norma in questione nei confronti dei diversi contribuenti.
I giudici non mancano infatti di sottolineare come il pregiudizio sofferto dal singolo contribuente nella difficoltà dell’accesso al credito per la presenza di ruoli meriterebbe adeguata risposta in termini di giustizia; così come viene rilevata la disparità di trattamento e il vuoto di tutela a fronte della ammissione al passivo fallimentare da parte dell’Erario sulla sola base dell’estratto di ruolo, quando sarebbe invece precluso al curatore di far accertare la invalidità della notifica degli atti di riscossione.
Trattasi di aspetti cruciali che necessariamente dovranno essere chiariti.
Ebbene, se dalle parole del giudice di rimessione traspare una preferenza per la tesi della irretroattività della novella legislativa, la stessa Corte di Cassazione, nelle more della introduzione del nuovo comma 4-bis, ha proseguito nel confermare l’orientamento fissato dalle Sezioni Unite del 2015.
Con sentenza 6838 del 2 marzo scorso, infatti, viene confermata l’ammissibilità dell’impugnazione della cartella e del ruolo conosciuti tramite richiesta di estratto di ruolo. Pur non facendo menzione del nuovo comma 4-bis dell’art. 12, è presumibile che la Corte ne abbia tenuto conto in sede di decisione, manifestando chiaramente l’adesione alla tesi della non applicabilità della novella ai processi in corso.
Ma soprattutto, la Corte motiva la sentenza richiamando la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 19, co. 3 del d.lgs. n. 546/1992 ad opera delle Sezioni Unite per cui “l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”, e tali non parrebbero essere le esigenze di riduzione del contenzioso rappresentate in sede di introduzione della novella.
Ribadendo la necessità di garantire una tutela giurisdizionale pronta ed incondizionata secondo l’architettura fissata dalle Sezioni Unite del 2015, la Corte può dirsi quindi assestata su di un piano di netta discontinuità con la riforma legislativa, con implicita adesione ai dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalla ordinanza di rimessione.
Avv. Chiara Chirico, membro della Commissione di Diritto Tributario di AGAM.