Le Sezioni Unite sulla notifica effettuata dall’incaricato del servizio postale ex art. 170 c.p.p.
La VI Sezione Penale della Corte di Cassazione con ordinanza n. 35944 del 1 ottobre 2021, sottolineando l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale, ha ritenuto di dover sottoporre al vaglio del Supremo Consesso la seguente questione: “se è legittima la notificazione eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., nel caso in cui l’addetto al servizio postale incaricato della notificazione abbia in precedenza attestato la irreperibilità del destinatario nel domicilio dichiarato o eletto”.
Infatti, un primo indirizzo, ampiamente maggioritario, sottolinea come debba ritenersi affetta da nullità assoluta la notificazione così eseguita, nel caso in cui non sia stata preliminarmente attivata la notifica con le modalità ordinarie ai sensi dell’art. 170, comma 3, c.p.p.
Norma, quest’ultima, che nello stabilire che “qualora l’ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l’ufficiale giudiziario provvede alle notificazioni nei modi ordinari”, ritiene non sufficiente l’attestazione di irreperibilità del destinatario effettuata dall’addetto al recapito mediante raccomandata postale, non potendo questa essere equiparata alla irripetibilità accertata invece dall’ufficiale giudiziario (in tal senso da ultimo Cass. Pen. Sez. V, 9 febbraio 2021, n. 57801 Pallanza).
Tale orientamento si base, dunque, sulla valorizzazione del dato letterale, espressione di una sorta di ridotta capacità dimostrativa che, secondo l’impostazione legislativa, avrebbe l’accertamento dell’addetto al recapito postale rispetto a quello che è chiamato a svolgere l’ufficiale giudiziario notificatore.
Di diverso avviso altro indirizzo, ritenuto comunque preferibile dalla Sezione remittente, la quale, invero, dà atto di una sola pronuncia della medesima Corte in tal senso, ritiene invece legittima la notificazione eseguita mediante consegna al difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p., nel caso in cui l’addetto al servizio postale incaricato della notificazione attesti l’irreperibilità del destinatario nel domicilio dichiarato o eletto, atteso che, ai fini dell’integrazione del presupposto dell’impossibilità della notificazione in tale domicilio, legittimante la notificazione sostitutiva al difensore, sono sufficienti anche solo la temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o la non agevole individuazione dello specifico luogo. (così Sez. 1, n. 23880 del 05/05/2021, Usai, Rv. 281419).
Per tale diverso orientamento, l’art. 170, comma 3, c.p.p., in base al quale se l’ufficio postale restituisce il piego per irreperibilità del destinatario l’ufficiale giudiziario deve procedere alla notificazione nei modi ordinari, trova, dunque, applicazione unicamente con riguardo alle ipotesi di prima notificazione all’imputato non detenuto.
Le Sezione Unite della Corte di Cassazione, come si legge nell’informazione provvisoria diffusa al termine dell’udienza tenutasi lo scorso 25 novembre, hanno affermato il principio di diritto secondo il quale, nel caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ai sensi dell’art. 161, commi 1, 2 e 3, c.p.p., il tentativo di notificazione col mezzo della posta, demandato all’ufficio postale ai sensi dell’art. 170 c.p.p. e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, integra, senza necessità di ulteriori adempimenti, l’ipotesi della notificazione divenuta impossibile e/o della dichiarazione mancante o insufficiente o inidonea di cui all’art. 161, comma 4, prima parte, c.p.p. In questo caso, dì conseguenza, la notificazione va eseguita, da parte dell’ufficiale giudiziario, mediante consegna al difensore, salvo che l’imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, dovendosi in tal caso applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 c.p.p.
Nell’attesa di leggere la motivazione della suindicata sentenza, al fine di comprendere i limiti di applicazione del principio affermato, tale massima, così come sinteticamente pubblicata, suscita alcune perplessità soprattutto se letta alla luce di quanto recentemente stabilito nella legge delega n. 134 del 27 settembre 2021 (c.d. “Riforma Cartabia”).
La legge delega anzidetta, infatti, in un’ottica di bilanciamento delle esigenze di velocizzazione del procedimento con quelle di mantenere elevate garanzie difensive, all’art. 1, comma 7, lettera a) indica la necessità di “ridefinire i casi in cui l’imputato si deve ritenere presente o assente nel processo, prevedendo che il processo possa svolgersi in assenza dell’imputato solo quando esistono elementi idonei a dare certezza del fatto che egli è a conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una sua scelta volontaria e consapevole” e, alla successiva lettera b), che si debba “prevedere che, ai fini di cui alla lettera a), l’imputato sia tempestivamente citato per il processo a mani proprie con altre modalità comunque idonee a garantire che lo stesso venga a conoscenza della data e del luogo del processo e del fatto che la decisione potrà essere presa anche in sua assenza; prevedere che, ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del processo, l’autorità giudiziaria possa avvalersi della polizia giudiziaria”.
In conclusione, la riforma intende riaffermare il principio in base al quale si può procedere in assenza dell’imputato solo se si ha la certezza che la sua mancata partecipazione al processo è volontaria.
Per tali motivi, ad avviso di chi scrive, oggi ancora di più non può essere considerata sufficiente l’attestazione di irreperibilità del destinatario effettuata dall’addetto al recapito mediante raccomandata postale, al fine di consentire la notifica sostitutiva al difensore ex art. 161 comma 4 c.p.p., mancando tale modalità dell’idoneità necessaria a garantire con certezza la conoscenza del procedimento in capo all’imputato, soprattutto in relazione alla notifica della vocatio in judicium.
Avv. Silvia Gatto, membro della Commissione di Diritto Penale di AGAM