Controlli sul credito per ricerca e sviluppo: quando occorre il parere del MISE
Negli ultimi anni, si sta assistendo, sempre più spesso, a controlli che l’Agenzia delle Entrate sta conducendo in merito alla possibilità da parte delle società di beneficiare del c.d. credito per ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145 del 2013.
Nell’ambito di tali controlli, l’Agenzia delle Entrate tende a contestare la legittimità del credito, applicando – pressoché automaticamente – la disciplina prevista per i crediti inesistenti e non, dunque, quella meno gravosa stabilita per i crediti non spettanti.
Le contestazioni – in molti casi – vengono sollevate dall’Agenzia delle Entrate senza effettuare alcuna concreta indagine circa l’effettiva natura dell’attività svolta dall’impresa e l’eventualità che la stessa possa rientrare nel novero delle c.d. “attività agevolate” ai sensi del D.L. n. 145 del 2013.
Come noto, infatti, un’attività, per poter beneficiare del credito ricerca e sviluppo, deve presentare le caratteristiche della “ricerca fondamentale”, della “ricerca industriale” ovvero dello “sviluppo sperimentale”. Caratteristiche dettagliatamente descritte nella Comunicazione della Commissione Europea n. 2014/C/198/01 relativa alla “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”.
La verifica circa la sussistenza di tali caratteristiche richiede molto spesso valutazioni complesse e di carattere squisitamente tecnico-scientifico. Non sono infrequenti, infatti, i casi in cui una medesima fattispecie registri una diversità di vedute in termini di qualificazione dell’attività svolta dall’impresa.
Per effettuare la citata verifica è necessario essere in possesso di specifiche competenze tecniche, spesso estranee sia all’Amministrazione finanziaria che all’impresa beneficiaria del credito. È per questa ragione che, in fase di controllo, l’Agenzia delle Entrate, al pari del contribuente, ha la facoltà di interrogare sulla questione il più competente Ministero dello Sviluppo Economico.
Il fatto che l’Agenzia delle Entrate – nella maggior parte dei casi – non si avvalga di tale facoltà ma, al contrario, contesti – in modo “tranciante” e “superficiale” – l’inesistenza del credito ricerca e sviluppo è stato duramente criticato da parte della giurisprudenza di merito.
In particolare, in più occasioni, le Commissioni Tributarie hanno affermato che la facoltà di richiedere un preventivo parere al MISE diventa un obbligo tutte le volte in cui la natura tecnica degli accertamenti è prevalente rispetto agli aspetti puramente amministrativi e manchi, all’interno dell’Amministrazione, una professionalità specifica per condurre l’istruttoria.
In altre parole, quando ad essere controversa è la valutazione circa gli aspetti novativi della ricerca, nonché quando si presenti incerto il perimetro di qualificazione di alcune spese, l’Agenzia delle Entrate, attesa l’elevata complessità tecnica, non può farsi “autodidatta”.
In questo senso, si è espressa la Commissione Tributaria Provinciale di Ancona che, con la sentenza n. 392/2/2021 del 11.08.2021, ha chiarito che “tutte le volte in cui la natura tecnica degli accertamenti debba prevalere, la mera possibilità sottintesa al comma 12 dell’articolo 3 della normativa primaria <<…la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere …>> esprime in realtà la necessità di una discrezionalità tecnica che non può essere autonomamente esercitata dalla pubblica amministrazione se non attraverso il parere necessario degli organi tecnici e quindi delle strutture in seno al Ministero dello Sviluppo Economico o altri enti pubblici che, se del caso, possono essere chiamati in veste di consulente super partes”.
In assenza di tale parere, sussiste, secondo la Commissione Tributaria di Vicenza “l’eccesso di potere da parte dell’ufficio, stante che lo stesso non è competente, sotto l’aspetto tecnico, a valutare la valenza dell’attività svolta per migliorare i cicli produttivi dell’Azienda” (sentenza n. 365/3/2021 del 09.07.2021 e sentenza n. 14/2/2022 del 11.02.2022).
In senso conforme alle predette pronunce, anche la Commissione Tributaria Provinciale di Aosta che, con la sentenza n. 46 del 08.11.2021, ha espressamente affermato che “l’Erario avrebbe dovuto acquisire un preliminare parere tecnico da parte del Ministero dello Sviluppo Economico”.
Avv. Francesca Benini, membro della Commissione di Diritto Tributario di AGAM.